martedì 17 aprile 2012

Ma quanto ti lamenti!

A chi non viene voglia, qualche volta, di lamentarsi? Ci si sfoga per questa o quell'altra cosa e subito ci si sente meglio, liberi di un peso. E si passa oltre. Per qualcuno, invece, lamentarsi non è solo sfogo "una tantum". È un vizio, anzi, un "circolo vizioso". Basta che trovi un interlocutore e inizia a snocciolare un lungo elenco di fastidi con l'aria di un cane bastonato o, peggio, di chi è rassegnato a una vita di frustrazioni. Una tiritera che sembra non avere mai fine, in tutti i sensi: cioè né termine, né scopo.
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COME COMPORTARSI
Cosa deve fare chi sta "dall'altra parte"? Difficile, alla lunga, decidere come comportarsi se si è nella posizione di subire le costanti lamentele di una persona vicina, che sia il partner, un familiare o un'amica. Perché, detto onestamente, d'istinto tutti provano da una parte irritazione nel sentire per l'ennesima volta un inutile lamento ( anziché una proposta per risolvere i propri problemi ) e dall'altra un pizzico di commiserazione.
Invece, chi ascolta ha un ruolo importantissimo: perché può aiutare davvero a sbloccare il "disco rotto" delle lamentele e aiutare chi gli sta vicino a guardare le cose da un punto di vista diverso. A reagire. E a riprendere in mano la sua vita, con un <<Sono contento>> in più e un <<Come sto male>> in meno.

DALLA PARTE DI CHI ASCOLTA
Chi si trova ad ascoltare spesso i lamenti di una persona cara ha diverse possibilità: subire, alimentarne le ragioni o difendersi.

  1. SUBIRE. Ascoltare passivamente le negatività raccontate dall'altro è comodo, perché evita di esprimersi sia in positivo che in negativo; alla lunga, però, richiede uno sforzo di pazienza troppo grande e si finisce per sacrificare il rapporto.
  2. DARE RAGIONE. C'è poi chi pensa che per l'affetto che lega all'amica o al partner sia giusto offrire conforto e sostegno alle frustrazioni subite, compatendolo con frasi tipo "Come mi dispiace", "Ma che ingiustizia". Sintonizzarsi sulle lamentele dell'altro non fa altro che generare due persone passive e impotenti davanti agli stessi ostacoli.
  3. DIFENDERSI. Scegliere di tutelarsi davanti all'aggressione verbale del lamentoso cronico è legittimo, perché a lungo andare il modo di fare dell'altro risulta lesivo per chi ascolta. Si può far notare che il dialogo è sbilanciato dicendo "Capisco che per te questo è un problema, ma è già mezz'ora che me ne parli, ora vorrei raccontarti qualcosa anch'io". Purtroppo però chi si lamenta non si rende conto di essere fastidioso ma sfortunato. Quindi sentirà di aver subito un'altra angheria, di cui si lamenterà con qualcun altro.

LA QUARTA CHANCE
Esiste un'altra possibilità per chi ascolta: provare ad aiutare l'amica/o a uscire dal circolo vizioso delle inutili lamentele.
Ascoltare con attenzione offrendo un ascolto sincero ed attento. Chi parla si sentirà compreso e sarà più disponibile, in un secondo momento, ad accettare le domande concrete che verranno fatte.
Circoscrivendo la lamentela, chi parla si sentirà spiazzato e si troverà a enunciare degli episodi che anche ai suoi occhi sembreranno inadeguati rispetto a quanto detto prima.
Quando la persona comincia a rendersi conto che l'entità dei suoi problemi è minore rispetto a quanto racconta a sé e agli altri, è il momento di chiedere "Ma cosa potresti fare tu per cambiare le cose?". La reazione a questa domanda può essere di molti tipi: imbarazzo, panico, ma soprattutto stupore nel rendersi conto di non averci mai pensato realmente. È questo il punto di partenza per uscire dal circolo vizioso: abbandonare la sorda lamentela e parlare delle modalità che possono essere messe in atto per risolvere le situazioni che fanno soffrire.
Così da passivi si ritorna a essere attivi e a riprendere in mano la propria vita!

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